venerdì 30 gennaio 2009

Ljuba

Sarajevo fu solo l'inizio. vedevo le stanze e le luci delle case dal finestrino del treno verso milano e non potevo tenermele solo per me. E una musica che mi stupra le orecchie continua a suonare, fa male, dentro di me l'uragano. sarei implosa. I tuoi occhi grigi come i palazzi di Sarajevo,dai quali sembri uscito ieri e trapiantato qui per caso.

3 commenti:

  1. Il freddo della raccolta differenziata. E tutto sarà bianco come gli stivali delle puttane di Berlino. La carta con la carta, il vetro con il vetro, la plastica con la plastica. Il senso razzista della tua raccolta differenziata. Questa solitudine delle materie. Che ho provato ad avvicinare una fredda bottiglia di vetro a quella pagina di quaderno ingiallita. Che si facciano compagnia così l’una diversa dall’altra. I trans di Palermo in strada cercano dio. E questi tragicissimi eroi in eterno bilico tra la piazza e la stazione con le notti sparate nelle vene del collo. Che ci sale alla testa la luna e le stelle passandoci per gli occhi. I nostri fari che illuminano la periferia spappolata. Le stelle che non osiamo alzare la testa. Mai. “Ho più freddo adesso di quando tanti anni fa la neve mi gelò la giacca a vento”. Tupelo che ci buca la fronte. E le scarpe. Che camminiamo scalzi quando t’accorgi appena che son finite le suole. Anna-di-vetro piange sogni di plastica che si sciolgono ai primi albori di un amore. Che io non cercavo. Che non volevo. Che non so come dirlo ma l’ ho perduta in quel treno, che come siringa bucava la stazione e poi spariva dentro l’ infinito scivolando in un’arteria. G.

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  3. che non sai come dirlo ma lo sapevi bene cosa volevi, cosa non volevi e soprattutto cosa volevo io.
    grazie, davvero. del razzismo che mi attribuisci. dei tuoi sassi al posto delo cuore.
    del freddo che, credimi, ho sentito più io su quel treno.

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